Ciao, eccomi qua, mi
chiamo Giuseppe, sono della provincia di Caserta e passo il mio tempo
davanti al computer. Dedico queste mie pagine a tutti, buoni e
cattivi.
Vi parlo di me?
Beh! ho solo una cosa da
dire, conducevo una vita normale, come tanti, lavoravo, mi divertivo e
andavo avanti. Da undici anni la mia vita
è cambiata, una grave malattia mi ha colpito, conduco una vita quasi
normale, non lavoro e guardo
avanti (ma mi giro anche
indietro bisogna stare attenti).
A.I.S.M. - Sito
Nazionale
A.I.S.M. - Casagiove
La sclerosi multipla è una malattia del
sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), che colpisce
prevalentemente i giovani. Più precisamente, si tratta di una malattia
infiammatoria demielinizzante, caratterizzata cioè da una progressiva
perdita di mielina: sostanza composta da acidi grassi che riveste i nervi, la quale permette una rapida e coordinata trasmissione degli
impulsi nervosi. La regolare trasmissione di questi impulsi permette
all'organismo umano di eseguire movimenti armonici, rapidi e coordinati
anche senza una particolare concentrazione sull'atto che si sta
compiendo. La demielinizzazione, al contrario, causa un'alterazione
dell'abilità dei nervi nel condurre gli impulsi elettrici dal cervello
e per il cervello, causando i diversi sintomi che caratterizzano la
sclerosi multipla.
I sintomi
A seconda della zona cerebrale colpita dalla malattia, i sintomi
possono variare, tanto che ogni paziente presenta sempre un quadro
clinico differente (spesso la durata e l'intensità dei sintomi cambiano
anche nello stesso paziente). In generale, la sclerosi multipla può colpire queste aree:
-
la visione (offuscamento, diplopia,
neurite ottica, movimenti oculari rapidi involontari e, solo
raramente, la perdita totale della vista);
-
la coordinazione (perdita di
equilibrio, tremori, vertigini, mancanza di sensibilità a un arto e
mancanza di coordinazione);
-
la forza (senso di debolezza
soprattutto alle gambe e calo del tono muscolare, che può causare
spasticità o rigidità muscolare);
-
la sensibilità sensoriale
(formicolii, intorpidimento della sensazione tattile, sensazione di
bruciore in un'area del corpo, dolori muscolari e maggiore
sensibilità al calore);
-
la parola (difficoltà a parlare,
difetti nella pronuncia delle parole e cambiamenti nella cadenza
vocale);
-
il controllo della vescica
(minzione frequente e/o impellente e sensazione di incompleto
svuotamento della vescica)
-
l'intestino (costipazione e, più
raramente, perdita di controllo dello sfintere);
-
la sessualità (impotenza, disturbi
dell'eccitazione sessuale e perdita di sensibilità);
-
le funzioni cognitive ed emotive
(deficit di memoria, di concentrazione, di giudizio e di
ragionamento).
Nessun paziente, però, è mai colpito
contemporaneamente da tutti i sintomi sopra descritti.
I diversi tipi
Nonostante la complessa varietà e le diverse possibili
combinazioni di sintomi, sono stati definiti alcuni modelli della
malattia in rapporto al decorso della malattia, pertanto in linea
generale si considerano quattro forme di sclerosi multipla:
Recidivante - remittente
sclerosi multipla caratterizzata da recidive imprevedibili (attacchi,
esacerbazioni, …), durante le quali il paziente avverte nuovi sintomi
o l'aggravarsi dei sintomi preesistenti. La remissione può essere
totale (recupero) o parziale e la malattia può rimanere inattiva per
mesi o addirittura anni. Questa forma colpisce circa il 25% dei pazienti
affetti da sclerosi multipla.
Benigna
sclerosi che, dopo uno o due attacchi seguiti da un recupero completo,
non tende a peggiorare e non evidenzia particolari deficit permanenti.
La diagnosi di una sclerosi di tipo benigno è molto difficile e può
avvenire dopo 1-15 anni dall'esordio dei primi minimi sintomi di
disabilità. L'incidenza è di circa il 20%.
Secondaria progressiva
Tipo di sclerosi che può insorgere nei pazienti che inizialmente
presentavano la forma recidivante-remittente, ma che in seguito
evidenziano l'insorgenza progressiva di sintomi più gravi, spesso con
sovrapposizioni di recidive. L'incidenza è di circa il 40%.
Primaria progressiva
Sclerosi che non evidenzia alcun attacco distinto, ma un lento e
costante peggioramento dei sintomi. L'accumulo di deficit e di disabilità
può stabilizzarsi o mostrare un continuo lento peggioramento per
diversi mesi o anni. L'incidenza è del 15% circa.
Le cause
L'origine della sclerosi multipla è ancora sconosciuta;
attualmente si considera che si tratta di una malattia autoimmune (cioè
dovuta a un'anomala reazione del sistema immunitario) su base genetica o
anche successiva a infezione da virus lenti. Nella maggior parte dei
pazienti affetti dalla malattia si riscontrano elevati valori di IgG
(immunoglobuline G, anticorpi presenti nel sangue e nei fluidi
extra-vascolari in grado di neutralizzare tossine, batteri e virus),
nonché elevati valori di altri anticorpi verso numerosi virus (tra cui
quello del morbillo), che rafforzano l'ipotesi di un legame tra
infezione virale e malattia. Quanto all'ipotesi genetica, è emerso che
la presenza di casi di sclerosi multipla in famiglia rappresentino un
elevato fattore di rischio. Le donne, in particolare, sembrano avere una
maggiore predisposizione alla malattia rispetto agli uomini, con un
rapporto di 2 donne per ogni uomo.
La diagnosi
Nella sclerosi multipla la diagnosi non è diretta, ma basata
sull'anamnesi di sintomi vaghi, che possono ricollegarsi a numerose
altre malattie. Prima di giungere a una diagnosi certa, quindi, può
passare anche molto tempo (solo in casi particolari la diagnosi può
essere molto più definita, per esempio in presenza di sintomi classici
– come la neurite ottica – e di una distinta cronologia degli
attacchi). Ad oggi, comunque, per la diagnosi di sclerosi multipla non
esiste ancora un test specifico e nessun esame è conclusivo al 100%;
pertanto si tratta sempre di una diagnosi di tipo clinico.
Al primo dubbio il medico farà l'anamnesi del paziente, indicando tutti
i sintomi passati e presenti che possono ricollegarsi alla malattia.
Quale che sia il quadro clinico iniziale, seguirà sempre una visita
specialistica di tipo neurologico con indagini volte a verificare se vi
siano anormalità a livello delle vie nervose. Tra i segni neurologici
più comunemente associabili alla sclerosi vi è il cambiamento nei
movimenti oculari, la difficoltà di coordinazione degli arti, la
debolezza, la perdita di equilibrio, la difficoltà di parola e una
generale alterazione nei riflessi. Vista, però, la presenza di questi
stessi sintomi anche in altre malattie, anche non neurologiche, dovranno
comunque fare seguito ulteriori esami che possano escludere altre
patologie.
Test di evocazione dei potenziali visivi e uditivi.
In caso di demielinizzazione, come già spiegato, il malato subisce
un'alterazione e un rallentamento nella trasmissione dei
"messaggi" lungo i nervi. Tramite appositi test è possibile
verificare il tempo che occorre al cervello del paziente per ricevere,
leggere e interpretare i messaggi nervosi (conduzione della velocità
nervosa). L'esame avviene per mezzo di piccoli elettrodi, che, una volta
posizionati sulla testa del malato, permettono di monitorare le onde
cerebrali in risposta agli stimoli: in caso di demielinizzazione il
tempo di reazione, invece di essere immediato (come dovrebbe essere
nella norma), avviene in ritardo. Si tratta di un test non invasivo e
indolore e, pertanto, non richiede il ricovero ospedaliero.
Risonanza magnetica nucleare (RMN)
L'RMN è un test di recente utilizzazione, che permette di ottenere
immagini dettagliate del cervello e del midollo, evidenziando ogni
eventuale area che presenti sclerosi (lesioni o placche). Nonostante si
tratti dell'unico test in grado di evidenziare le lesioni da sclerosi
multipla, non può rappresentare lo step conclusivo dell'indagine
diagnostica. Questo esame, infatti, ha il difetto di non riuscire a
evidenziare tutte le possibili lesioni cerebrali. L'RMN può con
certezza stabilire le dimensioni, la quantità e la distribuzione delle
lesioni registrate, ma non può far escludere con assoluta certezza
l'assenza di ulteriori danni cerebrali. Ad ogni modo, questo test
rappresenta già un indicatore molto significativo verso la conferma di
diagnosi.
Puntura lombare
Tramite un sottilissimo ago (e dopo la somministrazione locale di un
anestetico) si preleva dal midollo spinale una piccola quantità di
fluido in uno spazio intravertebrale. Scopo di questo esame è di
verificare la presenza di anticorpi all'interno del fluido
cerebrospinale (fluido che corre lungo il midollo spinale, fino al
cervello). Dopo la puntura, il paziente è tenuto a riposo a letto per
diverse ore e, pertanto, può essere richiesta una permanenza in
ospedale per una notte. L'esito di questo esame aumenta ancora di più
l'evidenza di una diagnosi, ma non è ancora sufficiente a stabilire con
certezza la presenza o meno di sclerosi multipla.
In definitiva, la diagnosi di sclerosi multipla non è mai semplice per
la presenza di sintomi spesso vaghi, transitori e difficili da riferire
al medico, sia per l'assenza di esami diagnostici di certezza. Inoltre,
prima di procedere all'iter completo di diagnosi sopra esposto il
neurologo potrebbe aspettare il riscontro di almeno due episodi ben
distinti con sintomi separati da un intervallo non inferiore a un mese e
persistenti per almeno 24 ore.
La speranza nelle terapie future
Oltre alle terapie farmacologiche attualmente disponibili contro la
sclerosi multipla, il mondo della ricerca scientifica sta facendo passi
da gigante nello studio di nuovi mezzi in grado non solo di bloccare i
sintomi, ma soprattutto di guarire definitivamente i pazienti, risanando
le zone cerebrali danneggiate dalla malattia. In particolare, sono due
le ipotesi attualmente in fase di sperimentazione:
Il trapianto di cellule staminali
Iniettando cellule staminali (cellule primordiali non ancora
differenziatesi) nel midollo spinale di pazienti affetti da malattie
caratterizzate da una progressiva perdita di mielina queste
innescherebbero un processo di riparazione della mielina, riducendo i
sintomi della malattia fino alla guarigione. Questa la scoperta di un
gruppo di ricercatori della University of Cambridge, guidati da Bill
Blakemore, su cui oggi si basano le speranze di nuove cure definitive .
In particolare, il trapianto di cellule staminali si avvarrebbe delle
cellule prelevate dal tessuto di feti tra le 8 e le 10 settimane di
gestazione. I primi esperimenti (condotti su pazienti affetti da
Parkinson, ictus e Corea di Huntington) sono stati incoraggianti, ma
resta ancora da superare l'aspetto etico, viste le molte posizioni
contrarie all'uso di prodotti fetali. Non solo: per un solo trapianto
dovrebbero essere disponibili diversi feti, poiché un singolo feto non
è in grado di produrre la quantità di cellule necessarie al trapianto.
Per superare questi ostacoli i ricercatori stanno cercando nuovi mezzi.
Attualmente sono in studio due diverse tecniche: una è quella di
prelevare e far proliferare cellule staminali neuronali di adulti,
opportunamente modificate per crescere in coltura; l'altra è quella di
trapiantare cellule incapsulate in particolari polimeri, modificate
geneticamente in modo da favorire il rilascio dei fattori di crescita
delle cellule nervose e, quindi, di riparare le zone del cervello
danneggiate dalla malattia. Il vantaggio di queste tecniche è di
produrre quantità infinite di materiale utile al trapianto. Oggi, però,
è in fase di sperimentazione anche una terza tecnica, che si basa sulla
possibilità di prelevare cellule staminali di embrioni umani e
moltiplicarle in coltura. Il vantaggio di queste cellule è che possono
trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula specializzata. Perché si
trasformino nelle cellule interessate, però, è necessario che migrino
tutte proprio nella zona danneggiata e circa questo effetto i primi
studi su animali da laboratorio hanno dato risultati ancora
insufficienti. Una volta trapiantate, infatti, queste cellule sono in
grado di migrare e riprodurre mielina in una zona del cervello ancora
troppo piccola (solo 1-2 mm3), mentre il danno cerebrale dei malati di
sclerosi multipla è molto più vasto. Tuttavia i continui successi
della ricerca scientifica in moltissime patologie legate al trapianto di
cellule staminali, aumentano sempre più la speranza di una nuova cura,
in grado di bloccare e sopprimere anche la Sclerosi multipla in modo
efficace e definitivo.
Anticorpi ripara-mielina
L'idea di riparare le zone danneggiate dalla malattia per mezzo di
anticorpi monoclonali umani è di un gruppo di ricercatori della Mayo
Clinic del Minnesota, che sembra avere individuato due tipi di anticorpi
monoclonali umani capaci di riparare le parti di mielina ormai
deteriorate . Moses Rodriguez, l'immunologo che ha condotto lo studio,
inizialmente aveva notato che i topi immunizzati con omogenato di
midollo spinale (contenente mielina) producevano un siero che, una volta
inniettato nei topi con problemi di demielinizzazione, sembrava
facilitare la riparazione della mielina danneggiata. L'ipotesi di
Rodriguez, quindi, era che gli anticorpi prodotti da questa particolare
immunizzazione potessero promuovere la riparazione della mielina. Gli
studi seguenti del ricercatore portarono alla produzione di 150 tipi di
anticorpi monoclonali differenti ottenuti da pazienti con gammopatia
monoclonale (difetti nella sintesi delle immunoglobuline) o con altre
discrasie ematiche (condizione patologica del sangue, in genere
caratterizzata da alterazioni negli elementi cellulari del sangue
stesso). Tutti gli anticorpi ottenuti sono poi stati testati in vitro
circa la loro capacità di contrastare gli oligodendrociti umani. Al
termine dello studio, i ricercatori hanno evidenziato 6 anticorpi capaci
di legarsi agli oligodendrociti dei quali 2 in particolare capaci di
favorire la riparazione della mielina. L'ipotesi dei ricercatori,
quindi, è che questi anticorpi possano legarsi agli oligodendrociti
danneggiati, eliminando le parti di tessuto ormai deteriorate e
favorendo, così, la ricostruzione di mielina.
Il passo successivo di Rodriguez e della sua squadra sarà cercare di
riprodurre artificialmente i due anticorpi monoclonali in grandi quantità,
così da testarli su animali da laboratorio con sclerosi di vario tipo.
Se gli esiti degli studi dovessero risultare positivi e il rischio di
tossicità dovesse risultare accettabile, gli studiosi potranno
finalmente passare alle ricerche sull'uomo.
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