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E' scomparso a 84 anni il pilota che sganciò l'atomica nel 1945

NON SI PENTI' MAI DI NAGASAKI  

La terribile esplosione della bomba uccise 70.000 persone

Mai un momento di pentimento, mai un attimo di ripensamento. Ha vissuto per quasi sessant'anni portandosi addosso il peso di aver ucciso sessantamila persone e neppure in punto di morte è stato vinto dai sensi di colpa. E' non ha pronunciato una sola parola per domandare perdono ai parenti delle vittime di Nagasaki.
 

L'EQUIPAGGIO Washington. I membri dell'equipaggio dell'aereo da cui, il 9 agosto del 1945, venne sganciata la bomba atomica sulla città di Nagasaki.
Da sinistra a destra: Charles W. Sweeney, Robert A. Lewis, Jacob Beber, Abe M. Spitzer e Kermit Beahan.


Così è scomparso , al Massachusetts General Hospital di Boston, Charles W. Sweeney, 84 anni. Il generale dell'Aeronautica americana che il 9 agosto del 1945 sganciò la seconda bomba atomica sul Giappone, quella appunto che colpì la città di Nagasaki. Erano passati solo tre giorni dal primo, disastroso attacco nucleare su Hiroshima: e l'aviazione degli Stati Uniti tornava a colpire. Aveva appena 25 anni Sweeney quando, quel tragico giorno d'estate, si mise ai comandi del bombardiere B-29 BockSpur. Aveva già fatto parte, proprio tre giorni prima, della squadriglia di scorta dell'Enola Gay, l'aereo che aveva disintegrato Hiroshima. Sweeney accese il motore e partì dalla base di Tinian, nelle Isole Marianne, senza timore di fallire e senza nemmeno la voglia di tornare indietro, nonostante sapesse che cosa avrebbe provocato il suo atto. Era la prima bomba che il giovane militare, allora con  i  gradi di  maggiore, sganciava su un obiettivo nemico, eppure venne scelto proprio lui per le sue doti di coraggio e sangue freddo. I problemi però non tardarono ad arrivare. Anzitutto la scarsità di carburante, poi le nuvole che coprirono la città di Kokura, che doveva essere il bersaglio iniziale degli americani. E fu proprio Sweeney, dopo diversi sorvoli su Kokura, a cambiare traiettoria e a scegliere Nagasaki come obiettivo: dove un'improvvisa schiarita permise di sganciare l'ordigno atomico, chiamato in gergo Fat Man, uomo grasso.Quello del maggiore Sweeney fu un atto tragicamente decisivo per il proseguimento e la fine del conflitto mondiale: dopo appena sei giorni dalla bomba atomica da lui sganciata, il 15 agosto del 1945, i giapponesi firmarono l'atto di resa. 

Tornò a casa da eroe

Dopo sei anni terminava così la Seconda guerra mondiale. Charles W. Sweeney tornava a casa accolto come un eroe, ottenendo subito una promozione che lo portò a diventare il più giovane generale dell'Aeronautica statunitense. Continuò la carriera militare con tutti gli onori e raccolse le sue memorie in un libro intitolato "La fine della guerra. Il racconto di un testimone dell'ultima missione atomica d'America". Non nascose mai la profonda convinzione di essere stato in qualche modo un salvatore della Patria. <<Per me lanciare quell'ordigno era un dovere, ero costretto a obbedire agli ordini dei miei superiori e non ho avuto mai alcun dubbio al riguardo>>, dichiarava di solito nelle interviste e nei convegni dove difendeva sempre strenuamente gli attacchi atomici. <<Ero consapevole di ciò che facevo, e personalmente volevo che la guerra finisse per potere riabbracciare al più presto i nostri cari che da troppo tempo ci stavano aspettando. Anzi, credo che sia stato proprio il mio atto ad avere abbreviato il corso del conflitto mondiale e ad avere consentito di risparmiare globalmente molte vite. Soprattutto americane>>. Ma nonostante il suo patriottismo Sweeney non venne mai considerato una figura leggendaria, come capitò, invece, a Claude Eatherly, il pilota del bombardiere Straight Flush che fece da ricognitore pochi minuti prima del bombardamento di Hiroshima e che finì la sua vita folle e suicida.

<<Fino all'orizzonte era tutto in fiamme>>

LA BOMBA Nagasaki (Giappone). 9 agosto 1945: il terribile "fungo" provocato dall'atomica sulla città giapponese.
L'ORRORE
Nagasaki. Due immagini del centro di Nagasaki dopo l'esplosione. I morti furono 70.000.

Sweeney si lasciava andare anche a racconti dove non mancava il compiacimento per la missione: <<La potenza dell'esplosione fu così grande da essere sentita persino sull'aereo>>, ricordava il pilota, soddisfatto. <<L'onda d'urto fu più grande di quella di Hiroshima e formava enormi increspature d'aria che facevano sobbalzare in modo pericoloso il mio bombardiere. Era una visione incredibile: la città di Nagasaki aveva un colore giallognolo e mostrava gli effetti della deflagrazione sei miglia sotto di me. In cima alla massa nuvolosa bianca si levava una colonna di fumo nero, che dava vita a una palla di fuoco. Quando mi allontanai, l'ultima cosa che vidi fu un sottile cono di polvere che copriva mezza città. Sulla linea dell'orizzonte era tutto in fiamme. Missione compiuta>>. Charles W. Sweeney non vide mai "Rapsodia d'agosto", il film che nel 1991 il grande regista giapponese akira Kurosawa girò proprio nella città che lui distrusse e che è una denuncia per il modo in cui, inevitabilmente, dimentichiamo le lezioni della storia. E non tornò mai a Nagasaki. Se l'avesse fatto, avrebbe visto il museo che racchiude i ricordi di quel giorno. E Madame Butterfly, il monumento che con le sue ali di granito commemora le settantamila vittime del generale Sweeney.

        

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